Capita a molti di noi di pensare e ripensare in merito agli eventi della nostra vita che ci preoccupano. Ma preoccuparsi in maniera eccessiva fa più male che bene. Chi soffre di “preoccupazione cronica” ha l’errata percezione che il suo continuo “rimuginare” sulle stesse cose gli permetta di risolvere i problemi e provvedere al futuro. L’eccessiva inquietudine è tipica di tutti i disturbi d’ansia, in particolare di quello che chiamiamo disturbo d’ansia generalizzato. L’ansia è difficile da controllare, è causa di disagio soggettivo e provoca limitazioni in aree importanti dell’esistenza della persona. Dunque il preoccuparsi eccessivamente non aiuta la persona, anzi.
Ma perché molte persone utilizzano questo meccanismo? Essenzialmente perché i preoccupati cronici vedono il mondo come un posto insicuro e vogliono combattere questo senso di incertezza. Chi si preoccupa in maniera eccessiva ha la sensazione che rimuginare sulla situazione gli dia questo controllo e tende ad evitare le situazioni su cui non ha potere.
Rimuginiamo quando un determinato pensiero ha bisogno di essere ascoltato ripetutamente, al fine di farci risolvere una situazione che riteniamo spinosa. Il pensiero chiede attenzione e assorbe concentrazione e serenità. Possiamo così illuderci di avere un miglior padroneggiamento della situazione, mentre in realtà finiamo per perdere il controllo di questo “treno di pensieri”. Ciò ci comporta lo sforzo di evitare quel pensiero, ma l’evitamento aumenta l’isolamento sociale e la procrastinazione della richiesta d’aiuto può pertanto peggiorare la prognosi, mantenendo attivo il problema e facendolo crescere.
La preoccupazione cronica disturba dunque la mente ma anche il corpo, in quanto il continuo rimuginare ostacola la capacità delle persone di reagire fisicamente al pericolo attivando l’attività del sistema nervoso parasimpatico. Quando funziona nel modo giusto questa parte del sistema nervoso tranquillizza il corpo durante il processo di recupero da un’esperienza stressante. Ecco dunque che i preoccupati cronici vanno incontro a problemi di salute e a sintomi somatici quali tensione muscolare, irritabilità, difficoltà legate al sonno e irrequietezza.
Trattamento
La psicoterapia cognitivo-comportamentale del disturbo d’ ansia generalizzato utilizza un protocollo che prevede l’impiego di procedure quali:
- Psicoeducazione: consiste nel fornire al paziente informazioni relative al ruolo che hanno le credenze sulle preoccupazioni nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo
- Individuazione dei pensieri disfunzionali alla base del disturbo e messa in discussione di tali giudizi e valutazioni errati
- Apprendimento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia
- Esposizione graduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati
- Prevenzione delle ricadute: consiste nell’accettazione da parte del paziente della possibilità che i sintomi potrebbero ripresentarsi e nel rinnovato ricorso agli strumenti acquisiti in terapia per fronteggiare il momento di crisi.
“le emozioni sono nostre amiche, quando qualcosa dentro la nostra anima non va sono le prime a dircelo facendosi sentire, sentire e ancora sentire”
Dott.ssa Manuela Ferrara