Le persone che soffrono di attacchi di panico provano improvvisamente un terrore incontrollabile, un’intensa paura o angoscia di morire, di diventare pazzi o di far qualcosa di incontrollato o bizzarro come ad esempio mettersi ad urlare, temere di svenire, soffocare, diventare ciechi, avere un ictus o un arresto cardiaco. Queste paure sono accompagnate da diversi sintomi fisici come la tachicardia, bocca secca, nodo alla gola, sudorazione, capogiri, vista annebbiata, vertigini, tremori o depersonalizzazione.
L’attacco ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito 10 minuti o meno) e non dura, in genere, più di una ventina di minuti: un breve periodo in cui il disagio è molto intenso e può cambiare la vita di chi lo vive.
La breve durata degli attacchi, la loro intensità e la loro intermittenza ne permette la distinzione da una condizione di ansia generalizzata, che invece si manifesta con sintomi d’ansia piuttosto continui, anche se di entità meno grave. Quando gli attacchi di panico si ripetono frequentemente, condizionando e limitando la vita delle persone che ne soffrono, possiamo parlare di una condizione di “disturbo di panico”.
Il suo esordio coincide facilmente con periodi di stress, problemi sentimentali, difficoltà nel lavoro, cambiamenti di ambiente, lutti o gravi malattie, uso di alcolici o droghe, insonnia. Sembrerebbe che gli attacchi di panico siano più frequenti tra le persone abitudinarie e molto controllate nei comportamenti e nelle emozioni. Spesso, dopo il primo episodio, la persona colpita comincia a vivere nel terrore che possa ricapitare ed evita tutte quelle situazioni in cui pensa possa accadere nuovamente. La persona tende ad isolarsi e può scivolare verso uno stato depressivo importante.
Trattamento
La terapia cognitivo-comportamentale interviene su ognuna delle aree dove agisce il panico: sintomi fisici, pensieri disfunzionali e comportamento.
Sintomi fisici
Uno dei primi obiettivi della terapia cognitivo comportamentale sarà aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico (tachicardia, respirazione affannosa, sudorazione, sbandamento, nausea, disturbi addominali) non sono pericolosi bensì sono solo una conseguenza dell’ansia: il paziente impara a capire che nulla di quello che si teme quando attua i tipici “pensieri catastrofici” accadrà veramente. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dell’ansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli. Inoltre il terapeuta può insegnare al paziente tecniche mirate (rilassamento, controllo della respirazione, ecc.) grazie alle quali il paziente impara a fronteggiare le spiacevoli sensazioni fisiche dovute al panico.
Analisi dei pensieri disfunzionali
Al paziente si insegna ad individuare i pensieri disfunzionali legati alle situazioni che causano l’attacco di panico e poi a esaminarli con oggettività valutando se si tratta di pensieri realistici o realmente preoccupanti. Il paziente imparerà gradualmente come l’attacco di panico sia dovuto ad un errore di “interpretazione” delle sensazioni, percepite come dannose. Le convinzione errate che stanno alla base del circuito disfunzionale del panico sono quelle che ci si trovi in pericolo di vita, che si possa perdere il controllo delle proprie azioni o magari impazzire. Quando si giunge a comprendere che queste credenze sono errate, il paziente si tranquillizza e riesce a gestire in modo più funzionale la sintomatologia.
Azioni e comportamento
Gradualmente si porta il paziente a ridurre le “situazioni” evitate a causa del timore degli attacchi di panico. Si comincerà da quelle più facili, per passare poi gradualmente a quelle più “paurose”. Il paziente potrà così rendersi conto, direttamente e in prima persona, che esse non costituiscono un pericolo oggettivo per la sua incolumità. Questo è uno dei modi più efficaci per riuscire ad affrontare le proprie paure e riappropriarsi della propria vita.
“L’essere finalmente liberi può spaventare”
Dott.ssa Manuela Ferrara