Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni.
Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi che si presentano più e più volte e sono al di fuori del controllo di chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e intrusive, e, almeno quando le persone non sono assalite dall’ansia, sono giudicate come infondate ed insensate. Le ossessioni sono accompagnate da emozioni sgradevoli, come paura, disgusto, disagio, dubbi, o dalla sensazione di non aver fatto le cose nel “modo giusto”, e gli innumerevoli sforzi per contrastarle non hanno successo, se non momentaneo.
Le compulsioni tipiche del disturbo ossessivo compulsivo vengono anche definite rituali e sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere formule mentalmente) messi in atto per ridurre il senso di disagio e l’ansia provocati dai pensieri e dagli impulsi tipici delle ossessioni. Costituiscono, cioè, un tentativo di elusione del disagio, un mezzo per cercare di conseguire un controllo sulla propria ansia.
Le persone affette da DOC cercano di porre un freno a tali pensieri o di resistere dall’eseguire determinate azioni, ma non vi riescono. Questo perché la loro esecuzione porta ad una diminuzione del livello di ansia e di paura del soggetto il quale spesso pensa di riuscire in tal modo anche a scongiurare un pericolo.
Avere il DOC non significa che si sta impazzendo. Non si tratta di una malattia mentale, ma di un disturbo d’ansia caratterizzato da una esagerazione di normali pensieri e azioni che si manifestano in quasi tutti.
Chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo è spesso così spaventato e stremato dai continui rituali legati alle ossessioni che cerca di evitare tutta una serie di situazioni, poiché teme che possano innescare questo tipo di pensieri.
Gli evitamenti, a lungo andare, possono causare una serie di limitazioni sia nella vita sociale che lavorativa.
Nei casi più gravi, le persone possono passare talmente tante ore al giorno a fare dei rituali che non riescono più a svolgere alcuna attività lavorativa o la realizzano in modo discontinuo, altre volte invece, debbono accontentarsi di mansioni a bassa responsabilità.
Questo disturbo, inoltre, si riflette negativamente anche sulla qualità e la durata delle relazioni di amicizia ed affettive; il 50 % dei pazienti, infatti, non riesce a stabilizzare o a mantenere un rapporto con un partner.
Tale disturbo ha, infine, una naturale tendenza alla cronicizzazione; ne consegue che se non è trattato in modo adeguato può influire pesantemente su tutto l’arco della vita del soggetto.
Trattamento
Il mio modo di lavorare con questo tipo di disturbo integra due orientamenti psicoterapeutici: la terapia sistemico relazionale e la terapia cognitivo-comportamentale.
L’approccio sistemico-relazionale permette di capire e affrontare il problema dal punto di vista delle relazioni (famiglia, coppia, ecc) in quanto, i sintomi ossessivi, sono un parafulmine che serve a mettere da parte delle difficoltà e delle problematiche in ambiti relazionali che “pesano troppo”. I sintomi dunque arrivano in aiuto spostando l’attenzione da un’altra parte.
La terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del DOC è ormai scientificamente comprovata. Può essere combinata con altre terapie e anche con il trattamento farmacologico.
Lo scopo è di trovare modi per imparare che le paure sono infondate e possono essere affrontate senza rituali. Si tratta di un lavoro congiunto tra paziente e terapeuta: al paziente viene richiesta la registrazione della sua vita quotidiana e l’esecuzione di compiti.
Comunque, il trattamento che ha garantito i migliori risultati per il DOC è l’Esposizione con prevenzione della risposta. Fondamentalmente, il soggetto impara ad esporsi agli oggetti o alle situazioni temute, e a prevenire la sua solita risposta di neutralizzazione (rituali, evitamenti, ecc.). Ad esempio, ad una persona che teme contagi potrebbe venir richiesto di toccare persone da lei considerate “pericolose” (esposizione) e di non lavarsi dopo (prevenzione della risposta). In questo modo il soggetto impara ad abituarsi a fare le cose che lo preoccupano senza che le conseguenze temute si manifestino. Di solito l’esposizione si svolge con una modalità graduale, iniziando con i compiti più facili e procedendo con quelli più difficili. I cambiamenti, infatti, devono avvenire gradualmente, e sempre nel rispetto dei tempi del paziente.
“Poiché la vita è incontrollabile, più si cerca di controllarla e più ci sfugge di mano”
Dott.ssa Manuela Ferrara