L’orientamento eterosessuale, che corrisponde all’attrazione per persone di sesso diverso dal proprio, è il più frequente. Esso segue una finalità biologica: la sopravvivenza della specie attraverso la riproduzione.
Tuttavia vi sono molte persone che hanno un orientamento omosessuale, sentendosi attratti emotivamente, fisicamente e sessualmente da persone dello stesso sesso. L’omosessualità è infatti una variante del comportamento umano che si connota con il desiderio di amare, desiderare, costruire e autoidentificarsi con persone dello stesso sesso e non esclusivamente con atti sessuali. E’ quindi una “condizione esistenziale con contenuti di affettività, progettualità e di relazione”.
Vi sono poi molte persone che pur essendo sempre state eterosessuali sono ossessionate dal dubbio di poter essere degli omosessuali latenti e sviluppano le cosiddette ossessioni di omosessualità tipiche del disturbo ossessivo-compulsivo, che niente hanno a che vedere con il vero orientamento sessuale.
Sul perché e sul come si diventi omosessuale si è molto parlato. Nonostante ciò, non esiste ancora uno studio scientifico o un’ipotesi ufficiale che possa, con assoluta certezza, spiegare il perché una persona diventi omosessuale ed un’altra eterosessuale. L’unica cosa di cui si è certi è che l’omosessualità non sia una malattia, ma semplicemente una variante normale della sessualità umana.
La parola omosessualità è stata tolta definitivamente dal Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM; Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorder, manuale dove psicologi e psichiatri possono trovare le linee guida con cui stabilire la presenza o meno di un disturbo mentale) già dal 1973. Così, sul piano scientifico è stata posta fine alla criminalizzazione, colpevolizzazione e medicalizzazione di questo frequente comportamento umano . Malgrado ciò, permane un atteggiamento discriminatorio e pregiudizievole di rifiuto, condanna e patologizzazione dell’omosessualità.
Questo atteggiamento stratificato nella coscienza di figure importanti di riferimento quali genitori, insegnanti, medici e sacerdoti determina sensi di colpa e bassa autostima nelle persone che si scoprono omosessuali, le quali si allontanano dal proprio sentire per paura di essere rifiutate o si condannano a vivere relazioni senza libertà e in sintonia con le richieste di società e cultura con ripercussioni psicologiche talvolta rilevanti. Dover nascondere una parte essenziale dei propri desideri e bisogni affettivi, mostrare solo un lato superficiale di se stessi, non sentirsi accettati, può provocare forte dolore, disagio e rabbia.
Per essere loro di aiuto, lo psicologo deve conoscere il loro mondo, essere competente, culturalmente e socialmente aperto e senza alcun pregiudizio, capace di capirli e valorizzarli anche nella loro speciale sessualità. Lo psicologo può sostenere il percorso dell’omosessuale verso l’accettazione di sé, la rielaborazione dei vissuti e la presa di coscienza, aspetti fondamentali per poter riprendere le redini della propria vita e per poter dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale (coming out). Può offrire inoltre sostegno a genitori di persone omosessuali che si trovano davanti a delle scelte di vita.
L’omofobia, definita come come una paura e un’avversione irrazionale nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT), trova terreno fertile nel pregiudizio e può manifestarsi in modi molto diversificati: dalle offese verbali, alle minacce fino alle aggressioni fisiche.
Essere bersaglio di un odio ingiustificato nei diversi ambiti come la scuola, il lavoro, il mondo dello sport, ecc produce delle conseguenze negative sulla persona: malessere, esclusione, disagio, ritiro sociale, ansia, sensi di colpa, ecc.
Spesso l’omofobia viene interiorizzata dall’omosessuale che giudica e colpevolizza se stesso per esserlo. Il suo sviluppo è considerato, tuttavia, un processo normale nella vita di gay e lesbiche, in quanto è un’inevitabile conseguenza del fatto che tutti i bambini sono esposti alle norme eterosessiste e ai pregiudizi sull’omosessualità. Quasi tutte le persone omosessuali, quindi, hanno sperimentato, nel corso della propria crescita, atteggiamenti ed emozioni negative verso la propria omosessualità. In alcuni casi, però, l’omofobia interiorizzata può causare un disagio tale da comportare lo sviluppo e il mantenimento di vere e proprie psicopatologie.
Dalle ricerche scientifiche sull’argomento, infatti, risulta che gay, lesbiche e bisessuali presentano una più alta prevalenza di disturbi psichiatrici rispetto agli eterosessuali, tra cui depressione, attacchi di panico, ansia generalizzata, tentativi di suicidio. Secondo alcuni studiosi lo stigma, il pregiudizio e la discriminazione nei confronti dell’omosessualità creano un ambiente sociale così stressante da favorire lo sviluppo dei problemi psicologici. In modo più specifico, il processo di stress in gay, lesbiche e bisessuali dipenderebbe da diversi fattori collegati tra loro: gli eventi dove si è vittima del pregiudizio (discriminazione e violenze), l’aspettativa del rifiuto da parte degli altri, il nascondersi, le strategie di fronteggiamento dell’omosessualità stessa ed il supporto sociale e, infine, l’omofobia interiorizzata. Questa ipotesi è stata definita con il termine minority stress e attualmente sembra essere la teoria più appropriata per spiegare l’alta prevalenza di disturbi psichiatrici in gay e lesbiche.
“Di fronte a “Sua Maestà l’Amore” bisognerebbe non aver paura, essere umili, silenziosamente farsi da parte e lasciar passare….una guerra contro l’Amore è già persa”
Dott.ssa Manuela Ferrara