Nei problemi d’ansia, nella timidezza e nelle problematiche relazionali di ogni tipo (amicizie, amore, rapporto genitori-figli, lavoro, studio, ecc) c’è spesso alla base un meccanismo psicologico molto diffuso che può aiutarti a capire come si crea il problema e perché si mantiene nel tempo.
Negli anni 50’, il sociologo americano Robert Merton ha teorizzato la ”profezia che si auto-avvera”, la definì come una supposizione che, per il solo fatto di essere pensata, fa realizzare l’evento presunto e pensato. L’individuo, dunque, in base ad una credenza relativa a se stesso, agli altri o al mondo, fa delle previsioni sul futuro e si comporta in modo coerente alla credenza stessa finendo per realizzarla davvero.
Facciamo alcuni esempi:
- Marianna pensa: “prima o poi mio marito mi lascerà per un’altra, non mi ama più”. Un simile pensiero porterà inevitabilmente a delle conseguenze emotive e comportamentali congrue con esso. Marianna potrebbe provare tristezza, ansia, ma anche rabbia, che porterebbero a dei comportamenti quali trascurarsi, evitare il marito, arrabbiarsi con lui, controllarlo, accusarlo, ecc. Mette quindi in atto una serie di comportamenti che portano alla lite e generano discordia al punto da mettere davvero in crisi il matrimonio.
- Il Sig. Mario pensa: “non sono interessante, non piaccio a nessuno, che cosa dico? Non so cosa dire!”. Esce, va ad una festa e quale saranno le sue emozioni? Tristezza e ansia! E quale sarà il suo comportamento? Non sorriderà, avrà la voce bassa, la stretta di mano debole, lo sguardo sfuggente, si siederà in un angolo, se qualcuno lo invita a bere o ballare probabilmente inventerà una scusa, ecc, ecc
Risultato? Le persone non lo notano, non gli parlano, se ne vanno dopo poco perché appunto….non ispira interesse!
In entrambe i casi la persona dirà a se stessa: “Ecco! Avevo proprio ragione io, la realtà ha confermato il mio pensiero!”
E’ così che si instaurano dei veri e propri circoli viziosi dai quali può veramente diventare difficile uscire, sia a causa delle emozioni negative sperimentate, sia del fatto che, quando riteniamo che qualcosa sia vero, non lo mettiamo più in discussione. Il sistema di convinzioni e aspettative dell’individuo ha un potere enorme, è una vera e propria “profezia autoavverante” che riesce a trasformare la realtà.
Credere che le cose avverranno (o non avverranno) determina una serie emozioni e di comportamenti che influiscono direttamente sul mondo e lo determinano, ma, una cosa è la realtà e un’altra cosa è la propria rappresentazione mentale della realtà stessa.
Questo per dire che, molte credenze che le persone hanno, non hanno delle basi reali, o per lo meno non al 100%, spesso sono delle costruzioni mentali distorte che si sono fatte spazio nel corso della crescita e della vita.
Ma come nascono le credenze?
Alla nascita si sa, si è un libro bianco e candido, tutto da scrivere. Nessun bambino nasce con la capacità di definire se stesso; esiste solo attraverso gli altri, le parole degli altri, gli sguardi, i giudizi, i complimenti o le critiche, gli incoraggiamenti o l’indifferenza. Un bambino non nasce con una stima buona o cattiva di sé, nasce neutro e la sua autostima si forma in base agli eventi di vita.
Il sistema di credenze di sé, degli altri e del mondo, dunque, comincia a formarsi nei primi anni di vita assorbendo ciò che viene dato dai genitori, dalle altre figure di riferimento, dagli amici, dalla scuola, ecc.
Una volta che il sistema di credenze si è formato, diventa “la realtà”. La persona si convince che: “Io sono questo”.
Allora, tutto bene se gli eventi di vita hanno permesso a questo bambino di scrivere le pagine della sua vita cariche di una buona autostima (sei amabile, sei bravo, sei competente, puoi farcela, tutti possono sbagliare, coraggio non mollare, ti siamo vicini, ecc).
Diversa è la questione se, in quelle pagine, le frasi sono: sei uno stupido, sbagli sempre, non ne fai una buona, ma chi vuoi che ti voglia, non ce la farai mai, devi arrangiarti, sei insopportabile, sei grasso, basso, brutto, coi denti storti, non ne posso più di te, avrei voluto un figlio diverso, la vita è difficile, non fidarti delle persone, ecc
Si può comprendere come, nel secondo caso, le credenze diventano un macigno insopportabile che, in alcuni casi, possono creare disturbi d’ansia, depressione, dipendenza affettiva, disturbi alimentari, difficoltà di coppia, difficoltà nelle relazioni sociali, nello studio, ecc
Qual è l’aspetto positivo in tutto questo?
L’aspetto positivo è che, la credenza è un pensiero e i pensieri si possono modificare.
I pensieri negativi, in molti casi, non sono la realtà, ma sono la rappresentazione personale della realtà, quella che è arrivata al bambino dagli occhi e dalle parole di altre persone e che si è presa per l’unica e vera realtà di se stessi.
Che cosa puoi fare?
- Ascoltati: quali sono le tue credenze limitanti? Cosa ti dici? Che cosa pensi di te? Da dove arrivano questi pensieri? Chi te li diceva? A chi appartengono? Da dove sono nate le tue paure?
- Ascoltati ancora: Che cosa provi quando hai quei pensieri? Come ti senti e che cosa fai? Quali sono le tue emozioni e i tuoi comportamenti conseguenti?
- Osservati: nelle situazioni di vita di tutti i giorni quando si attivano le credenze limitanti? Chi te le fa attivare? Magari hai una moglie critica come era tua mamma, una suocera prepotente come era tuo padre o un datore di lavoro narcisista che “crede di essere il Dio in terra”, un fratello che era il preferito di mamma e papà, oppure sono così radicate dentro di te che te le porti ovunque?
- Non generalizzare: se Martina, Andrea e Fabio hanno un lavoro/casa/relazione migliore della tua non vuol dire che tutti quanti sono così!
- Non essere catastrofico: “andrà nel peggiore dei modi”, “non ce la farò mai” sono dei pensieri non utili e non ti servono. Meglio sostituirli con “ci provo, se non va bene avrò comunque imparato qualcosa” o “posso farcela”
- Ricordati un sacro santo diritto di ogni essere umano: “Posso anche sbagliare!”
- Ricordati di mettere nella bilancia i tuoi punti deboli e anche i tuoi punti di forza. Normalmente, chi non ha una buona stima di sé, tende a dimenticarsi o a non dare il giusto peso agli aspetti positivi e ne esce sempre sbilanciato. Fai una lista dei tuoi punti deboli (e impegnati a migliorare) e dei tuoi punti di forza (impegnati a ricordarli)
- Impara a valutare gli eventi da diverse prospettive: Quando vengono attivate le tue credenze negative (es: ero al bar, è arrivata lei ma mi ha salutato velocemente, sicuramente non gli interesso!), non dare per scontato che questa credenza sia l’unica corretta solo perchè è tua, mettila alla prova, vai oltre e considera altre possibili ipotesi.
- Se da solo non ci riesci, considera la possibilità di un sostegno psicologico. Andare dallo psicologo non significa andarci per tutta la vita, a volte anche alcune volte possono fare la differenza…per il benessere della tua vita.
“A volte si vince, a volte si perde e a volte si pareggia perché nessuno vince, perde e pareggia ogni volta”
Dott.ssa Manuela Ferrara Psicologo-Psicoterapeuta