“Caro ex, dall’alto del tuo narcisismo per anni mi hai insignito del titolo di “donna di poco valore”, all’inizio non in modo plateale e aperto ma in modo subdolo, nascosto, lentamente strisciante; i tuoi condizionamenti sapevano raggiungermi nel profondo in ogni luogo, in ogni momento. A volte invece questa modalità diventava dirompente, la rabbia, l’aggressività manifesta e una pioggia violenta di critiche e commenti negativi sul mio essere, sul mio fare, sul mio esistere, mi faceva quasi annegare. Ti sei spinto fino alle offese più gratuite e cattive, rivendicando il tuo diritto di esprimerti per “raddrizzarmi” senza essere minimamente consapevole della differenza tra la libertà di espressione e la mancanza di rispetto per l’animo altrui. Esistevi solo tu, intelligente, bello, attivo, dalle mille risorse, sempre un passo avanti agli altri, presuntuoso, arrogante e saccente. Per avvicinarsi a te bisognava stendere il tappeto regale rosso, avere modi servili e pazienti…sua Maestà!
Ho annaspato a fatica in mezzo a questa burrasca per molti anni convinta che fosse vero amore. La mia dedizione totale a te, l’ansia di poterti perdere, l’angoscia che non mi faceva dormire la notte, il terrore di essere abbandonata, l’estasi quando suonava il telefono ed eri finalmente tu, il senso di importanza che mi avvolgeva quando, dopo l’ennesima volta che mi hai scaricato come un pacco, tornavi a bussare alla mia porta e pensavo: “se lui vuole una come me allora vuol dire che valgo qualcosa” e ti ho aperto, ti ho aperto ancora e ancora, ancora, ancora…
Ero felice ed estasiata ma il tutto durava non più di pochi giorni, poi tornavano a soffocarmi i tuoi sguardi critici, il tuo potere su di me, la tua rabbia e, a volte, anche le tue mani usate contro la mia persona.
“E’ colpa mia, è colpa mia, devo impegnarmi di più, devo cambiare, lo sta facendo per il mio bene, sono sbagliata, ha ragione lui, adesso ci riprovo ancora, devo farcela stavolta a migliorare”…..un treno di convinzioni invalidanti che mi facevano diventare sempre più piccola e inesistente, il niente.
Ti rivolgo queste parole, chiedendoti di riservare da oggi in poi le tue critiche, le tue conoscenze sull’essere, le tue patetiche perle di saggezza per la prossima malcapitata che varcherà la soglia del tuo pericolante castello dorato. Anziché pensare a come “raddrizzarmi” avresti dovuto spendere meglio il tuo tempo guardando le tue ferite narcisistiche in modo da evitare di farti il deserto attorno, logica conseguenza del tuo essere sottilmente sprezzante con tutti.
Ti ringrazio infine dei preziosi insegnamenti che il nostro rapporto ci ha lasciato. Conoscerti mi ha permesso di vivere una lezione di vita così importante che non si impara studiando sui libri: l’amore per se stessi è la base fondamentale per poter amare e un amore che non fa crescere farà solo morire!
Ho deciso di iniziare l’articolo con questa lettera. La storia di una donna simile a quella di tante altre. Donne che hanno sviluppato una dipendenza affettiva, che amano troppo, che mettono la chiave della propria felicità nelle mani dell’altro, che lasciano al partner il potere di tirare i fili della loro vita, che si lasciano manipolare senza opporre resistenza, per le quali, senza di lui, il mondo finisce tragicamente.
Donne che si perdono di vista e che faticano a guardare dentro se stesse, al loro modo di amare, di chiedere amore; donne che non ritengono di essere degne di un amore vero. La convinzione del dipendente affettivo è che non si possa essere felice senza l’approvazione dell’altro: per questo è disposto a tutto pur di compiacerlo fino, in casi estremi e drammatici, a subire violenze psicologiche e/o maltrattamenti fisici o ad accettare passivamente eventuali condotte riprovevoli. Il valore del sé varia in base alla sua capacità di tenere legato a sé il partner e alla capacità di riuscire a compiacerlo. L’idea di essere lasciata genera uno stato di angoscia tale che non è sopportabile generando così un comportamento di sottomissione che, anche se spiacevole e penoso, è più sopportabile dell’angoscia e del senso di colpa.
Come spesso accade queste donne si lasciano affascinare ed attrarre proprio come una calamita da uomini che non sono in grado di amare in modo sano, da uomini abili nella manipolazione affettiva e relazionale con caratteristiche narcisistiche di personalità.
La persona narcisista è egocentrica, si considera speciale, superiore, più importante degli altri in ogni senso e in diritto di anteporre i propri bisogni a quelli dell’altro. Nelle relazioni interpersonali si colloca al centro, il suo ego funziona come un sole, il partner diventerà la sua ombra e vivrà di luce riflessa. L’atteggiamento di superiorità non è sempre esplicito benché si faccia sentire in ogni momento. Può manifestarsi con un’occhiata di rimprovero per non essersi comportati “all’altezza” della situazione, in espressioni di fastidio per non aver concesso abbastanza attenzione, per non aver esaudito ad una richiesta oppure in seguito ad una velata presa di posizione del partner. Ma come dice Walter Riso nel suo libro “Amori altamente pericolosi”: “non è oro tutto quello che luccica. Nella maggior parte dei casi questa megalomania è una forma di compensazione di schemi pregressi di inferiorità, a furia di nascondersi dietro un’arroganza difensiva si finisce per mimetizzarsi in essa e ritenersi speciali.”
Appare dunque chiaro che, a causa di giochi collusivi inconsci, tra la personalità dipendente e la personalità narcisista venga a crearsi un incastro patologico perfetto in cui chi ha disperato bisogno di essere amato, ma non si ritiene degno di esserlo, crea un legame con chi può offrire solo briciole d’amore in cambio di sottomissione e viceversa.
CHE FARE ALLORA SE SEI IN UNA RELAZIONE DIPENDENTE/NARCISISTA?
La personalità individuale è alquanto complessa e ancora di più lo è il legame tra due personalità, soprattutto quando una di esse o tutte e due possono essere classificate come “personalità disturbate”.
Lo sviluppo della personalità ha inizio dal momento della nascita e moltissime sono le variabili che, nel corso degli anni, possono determinarne lo sviluppo sano o patologico a cominciare in primis dal tipo di legame di attaccamento con la madre.
Questo presupposto per dire che non esistono formule magiche o semplicistiche istruzioni da manuale per prevenire o risolvere questioni individuali e di coppia, spinose e sofferenti, che alla base hanno vissuti emotivi, affettivi e relazionali anche molto complessi.
Innanzitutto è necessario mettersi in discussione, diventare più consapevoli della propria situazione, comprenderne le origini e costruire strumenti di cambiamento trasferendo l’amore incondizionato dall’uomo che ossessiona a se stesse, alla propria guarigione e alla propria vita.
E’ necessario dunque cominciare a dare spazio ai propri bisogni soffocati, alle proprie emozioni, sentimenti, necessità e diritti che sono stati per anni relegati in un angolo buio. Acquistare fiducia in se stesse e nei propri sentimenti permetterà di usarli come guida nelle relazioni future sapendo che l’ossessione, la sottomissione, i drammi, le sfide, la sensazione di angoscia non fanno parte di un amore sano.
Alla base del comportamento delle donne che amano troppo infatti c’è questa menomazione, ovvero l’incapacità di discernere se qualcuno o qualcosa va bene oppure no. Le situazioni e le persone che altre donne eviterebbero perché pericolose non vengono considerate tali proprio perché non ci si dà abbastanza importanza e non si ha riguardo di se stesse. Queste donne potrebbero essere cresciute in famiglie non attente ai loro bisogni emotivi ed affettivi, in famiglie iperprotettive dove non viene dato sufficientemente spazio per esplorare il mondo e scoprire i propri limiti e le proprie risorse, in famiglie dove bisogna essere sempre delle “brave bambine ubbidienti” per ricevere attenzione e amore, ecc
Il primo passo per emergere dalla dipendenza quindi consiste proprio nel cominciare a prendersi cura di se stesse, accogliere le proprie fragilità e vulnerabilità, ascoltare i bisogni più profondi e considerarli come un tesoro interiore degno di valore, permettere a se stesse di avere il diritto di esistere e di essere, riflettendo sul fatto che se ci si consente di trascurare se stesse si da il permesso all’ altro di poter fare esattamente la stessa cosa.
Poiché la relazione di coppia dipendente/narcisista trova il suo equilibrio nella sottomissione di uno rispetto all’altro è naturale aspettarsi che, in seguito al cambiamento della partner dipendente e alla sua riacquistata fiducia in se stessa, la relazione perderà il suo equilibrio e la crisi sarà assicurata. Il narcisista, privato dello scettro e del trono, non ci sta e non accetterà a nessuna condizione di perdere o dividere il potere. Il messaggio che la partner sicura di sé gli manda potrebbe essere questo: “non sei così speciale come credi e non ho più bisogno di te” toccando così il suo punto più vulnerabile.
Nessuna relazione affettiva disfunzionale potrà mai virare verso direzioni reciprocamente appaganti, fino a quando entrambi i partner non saranno disposti a considerare il personale contributo nella dinamica di coppia.
Nel caso del narcisista la possibilità di mettersi in discussione di solito non viene nemmeno considerata poiché egli, non soffrendo ed essendo sempre appagato e gratificato dalla sottomissione dell’altro, non ha nessun vantaggio in merito, anzi cercherà in tutti i modi di ristabilire l’equilibrio precedente convinto del fatto che le sue strategie manipolatorie possano ancora fare breccia sulle vulnerabilità della partner.
CONCLUSIONI
Concludo questo viaggio all’interno degli abissi invisibili della sofferenza, del sacrificio, della negazione di se stesse, ricordando a tutte le donne che il cammino verso l’emancipazione personale comincia sempre con un amore finito male, un matrimonio fallito, i figli che lasciano la casa. Comincia sempre con un dolore, un abbandono, una perdita.
Eppure, quando arriva il momento del risveglio, queste stesse donne scoprono risorse inaspettate tali e una determinazione al cambiamento così forte che niente e nessuno riuscirà più ad arrestare.
Dato che, noi donne, rispetto alla conquista del cambiamento emotivo, siamo più predisposte approfittiamone! Possiamo diventare buone maestre anche per i nostri compagni, come loro potranno essere delle valide guide per noi in altri modi.
Ma questa è un’altra storia e la racconteremo più avanti.
“Il vero amore si nutre di se stesso ed è tutto tranne che prigioniero o pretenzioso”
Dott.ssa Manuela Ferrara – Psicologo Psicoterapeuta
La lettera è bellissima. Invertendo i ruoli tra uomo e donna calza perfettamente con il mio caso. Complimenti anche per l’articolo. Ho cominciato a perdere la mia compagna narcisista, che mi ha riservato silenzi lunghissimi e trattamento indegno, quando ho chiesto aiuto a una counselor e poi ho ricominciato a prendermi i miei spazi vitali e coltivare di nuovo le mie passioni. Allora lei si è mostrata in tutta la sua cattiveria con battute sui miei difetti fisici, sul mio lavoro, su ogni parola dicessi. Ha abbandonato la casa a sé stessa sapendo che io tengo alla pulizia, mi ha umiliato in ogni modo. Io ho resistito il più possibile per dare aiquesto figli questo enorme dolore della separazione il più tardi possibile. Lei ha mentito a me e ai figli per anni, ha avuto vari amanti che scopro ora e continua a mentire spudoratamente, senza nessuno scrupolo, senza alcun interesse per le conseguenze. Sono esseri che bisogna imparare a riconoscere per tempo, io non ho saputo farlo e ho il legame dei figli (gioia pura, loro si) che non mi consente di cancellare questa disgrazia di donna dalla mia vita. Ora la vedo bene in volto, già è un passo avanti. Chi può, scappi il prima possibile e non ricada nella trappola, loro ci riproveranno.
Grazie del commento Guglielmo.
Possono passare anche molti anni rimanendo ciechi dentro una relazione dunque la sua consapevolezza è davvero una grande conquista, il primo passo fondamentale al quale le auguro ne seguiranno altri che la portino verso nuovi orizzonti.
Un caro saluto
Dott.ssa Manuela Ferrara
Io sono dall’altra parte della barricata.. sono quella che ha sempre preteso attenzioni, tempo, dedizione, sempre con la paura di essere abbandonata, a volte con periodi in cui mi sentivo migliore di lui, ma mi sono sempre sentita in colpa per questi sentimenti di superiorità. Dopo anni e anni di pensieri ossessivi riguardanti la paura paura di perderlo e la voglia contemporanea di andare via, alla sua richiesta di sposarci, sono andata nella fase peggiore dell’ossessività e dei dubbi che mi hanno sempre contraddistinto, e ho iniziato una terapia e nel corso ho capito tante cose, tra cui una che mi fa sentire in colpa, da morire, e cioè che tra me e mio marito che ha sempre avuto tratti di dipendenza si era instaurato questo tipo di rapporto, avallato dal fatto che io ho un atteggiamento evitante dovuto al cattivo rapporto con mia madre, e che rivedo lei in lui e lo tratto come mio padre ha sempre fatto con lei, mettendosi al primo posto. Ecco, il pensiero mi atterrisce, non voglio essere così, l’ho sempre amato nella maniera sbagliata, e ora lo so.. solo che lui non se ne rende conto, lui non si vede, non sente le sue emozioni, e non le condivide certo con me.. e io soffro per questa relazione poco intima, non voglio questo per noi, e dopo soli otto mesi di matrimonio sento un’angoscia.. Non voglio che lui sia un altro per me, non è giusto. I miei problemi e le mie paure sono mie, e io devo far qualcosa per superarli.. ma anche lui dovrebbe far qualcosa per se stesso, non sono io che posso sanare i suoi bisogni, ma lui non se ne rende conto. Io ormai voglio stare bene, voglio avere una relazione sincera, di quelle in cui cresci, in cui ti esponi e ti senti accettata.. ma lui non si mette in gioco, e io ho paura che le cose possano non cambiare. Questo per dire che nel mio caso, io, la carnefice, l’ho capito, e ora non so fare nulla per cambiare anche se non è questa la direzione in cui voglio andare.
Io sono violetta,
Avrei potuto benissimo aver scritto la lettera, in tutto e per tutto, mi sentivo in colpa per non essere alla sua altezza, perché lui è narcisista e anaffettivo, esiste solo lui, la sua bellezza, il suo lavoro, i suoi bisogni, i suoi desideri, io invece venivo sempre umiliata,in pubblico ed in casa, mortificata, disprezzata, rimproverata, stressata. Io stavo male e non sapevo perché, volevo essere amata e cambiarlo, volevo che mi dimostrasse il suo amore .Ho chiesto aiuto ad una Analista, sto facendo un percorso di consapevolezza, e il fatto di lasciarlo non è più così pauroso x me, non è così devastante il fatto di dover stare da sola! Amare non vuol dire soffrire!
Cara Violetta, ciò che mi solleva il cuore è che dal suo scritto si evince la sofferenza ma anche tanta forza per rinascere e scrollarsi di dosso tutto ciò che non è più utile per lei. Un caro saluto
Dott.ssa Manuela Ferrara